Una donna, una passione, un sogno realizzato tra i fornelli. Elena Selvi è una delle diplomate allieve dell’Accademia Italiana Chef che ha saputo trasformare la propria passione per la cucina in un vero percorso professionale di successo.
Elena, ci fai una breve introduzione su chi sei e sul tuo percorso personale?
Mi chiamo Elena Selvi e ho quasi 40 anni. Sono originaria del nord-est della Romania, dove ho trascorso i primi due decenni della mia vita, dedicandomi agli studi umanistici. Intorno ai vent’anni, la mia vita ha preso una nuova direzione: ho conosciuto colui che oggi è mio marito e, poco dopo, mi sono trasferita in Italia. Ormai vivo qui da quasi vent’anni e posso dire con convinzione che questa è diventata la mia vera casa, per tutto ciò che mi ha donato lungo il cammino.
Quali sono le immagini più vive che conservi della tua infanzia in Romania?
Conservo ricordi meravigliosi. Le estati trascorse ad arrampicarmi sugli alberi per raccogliere frutti maturi, e gli inverni pieni di neve, con giochi all’aperto insieme agli altri bambini. Facevamo pupazzi con nasi di carote e occhi ricavati da vecchi bottoni presi dai vestiti di mio nonno. La semplicità di quei momenti è qualcosa che porterò per sempre nel cuore.
Da dove nasce il tuo interesse per la cucina? C’è stato un momento in cui hai capito che sarebbe diventata parte della tua vita?
Sin da quando ero bambina, ho sempre avuto un rapporto speciale con la cucina. Ero attratta da tutto ciò che succedeva ai fornelli, e passavo ore accanto a mia nonna mentre preparava da mangiare, osservandola con una curiosità decisamente precoce. A soli 10 anni ho cominciato a cucinare da sola: inizialmente ricette semplici, poi via via più elaborate.
L’estate era il periodo in cui mi divertivo di più a sperimentare. Ho un ricordo affettuoso dei pan di Spagna con le amarene, un dolce tanto semplice quanto irresistibile. Per me l’estate voleva dire frutta fresca da trasformare in gelati, marmellate, dessert o anche solo decorazioni. Forse è proprio per questo che, ancora oggi, i dolci a base di frutta sono i miei preferiti: pieni di colore, freschi e vivaci, li preferisco nettamente al cioccolato.
Dopo il tuo arrivo in Italia, il tuo modo di vivere la cucina è cambiato?
Sì, moltissimo. All’inizio ho vissuto un vero blocco: la cucina italiana era così distante da quella che conoscevo che non sapevo nemmeno da dove partire. Per i primi tre mesi non ho cucinato nulla. È stato un periodo difficile, ma con la pazienza di mio marito ho trovato il coraggio di rimettermi ai fornelli. Poco alla volta è tornata anche la voglia di sperimentare.
Ho iniziato a cucinare per amici e conoscenti, e ricordo con piacere quando una mia amica, proprietaria di un locale, ogni tanto mi chiedeva di preparare qualcosa per i suoi clienti. Era una grande soddisfazione vedere le persone gustare e apprezzare i miei piatti.
Come dice Anthony Bourdain, “un piatto racconta chi sei, da dove vieni, cosa ti piace”, e per me è davvero così: ogni ricetta che creo è una parte di me, un piccolo racconto personale.
Hai mai immaginato che la cucina potesse diventare la tua professione?
In realtà, all’inizio no. Era solo un sogno, qualcosa che sembrava lontano dalla realtà. Poi la vita ha preso una svolta inaspettata: mio marito è venuto a mancare improvvisamente a causa di un infarto. Mi sono ritrovata sola, in un Paese straniero, con una bambina di appena quattro anni. Dovevo trovare la forza per reagire.
La cucina era sempre stata la mia passione, ma non avevo una formazione professionale. Tre anni fa, un amico mi ha aiutata a trovare un lavoro come lavapiatti. Eppure, ciò che mi attirava davvero era quello che accadeva dietro i fornelli e dentro il forno. Ogni tanto mi permettevano di cucinare, e in quei momenti provavo una felicità autentica.
Qual è stato il percorso che ti ha portato dal lavare i piatti a lavorare come cuoca?
È stato un passaggio graduale, fatto di pazienza e determinazione. Ho iniziato come lavapiatti, poi sono diventata aiuto cuoco, e con il tempo ho avuto l’opportunità di ricoprire il ruolo di cuoca. A un certo punto mi è stata affidata la gestione della cucina di un albergo in montagna, a ben 300 chilometri da casa.
Dopo quell’esperienza intensa e formativa, sono tornata a lavorare in un ristorante, dove ho continuato a crescere, imparando ogni giorno e mettendomi alla prova con nuove ricette e tecniche.
È vero che hai preso parte a Masterchef Romania?
Sì, è vero. L’anno scorso mi sono iscritta quasi per gioco a Masterchef Romania, senza aspettarmi troppo. Poi, all’improvviso, è arrivata la chiamata per partecipare alla selezione. Ho affrontato due prove molto impegnative: una con la produzione e una davanti a quattro chef di altissimo livello, tra cui uno stellato. Alla fine mi hanno ammessa al programma.
È stata un’esperienza intensa, che mi ha lasciato il segno e mi ha dato una spinta in più per continuare a credere in me stessa e crescere professionalmente.
Cosa è successo dopo l’esperienza a Masterchef?
Dopo quel percorso, sentivo che la passione da sola non mi bastava più. Volevo fare le cose in modo più serio, con una formazione solida. Così ho deciso di iscrivermi all’Accademia Italiana Chef di Bologna, dove ho avuto la fortuna di incontrare lo chef Max Gorri, un grande professionista.
Lui ha colto subito qualcosa in me: non solo la passione, ma un sogno più grande, quello della cucina stellata. Ricordo che, durante una lezione, mi disse chiaramente che dovevo inseguire quel sogno… e si è subito mosso per aiutarmi, trovandomi uno stage all’Osteria Francescana.
C’è stato un momento particolarmente difficile durante la tua esperienza a Masterchef?
Sì, la prima prova è stata sicuramente la più complicata. Avevo un solo giorno libero dal lavoro, così ho preso il primo volo per la Romania, dove ad aspettarmi c’erano mia madre e mia sorella. Ero così emozionata che quasi non ho chiuso occhio la notte.
La mattina seguente mi sono resa conto che mi mancava un ingrediente fondamentale: le capesante. In Italia si trovano facilmente, ma in Romania non è così.
Così, insieme a mio cognato, abbiamo passato tre ore a girare per mezza Bucarest alla ricerca di quel prodotto. Alla fine ce l’abbiamo fatta, anche se lui, scherzando, disse che era stato peggio che accompagnare sua moglie a fare shopping! ;))))